Care lettrici e cari lettori,
per me è sempre un piacere continuare il rapporto epistolare che ormai si è instaurato tra di noi perché anche quest’anno l’amico Rodolfo Colarizi ci ha deliziato di una nuova chicca. Era da tempo che insistevo: “Devi scrivere, per onorare il tuo trentesimo libro, un capolavoro, il romanzo che testimoni più di ogni altra opera le tue qualità di raffinato narratore”.
Ebbene è con grande gioia che posso parteciparVi che con queste cinquecento pagine ha onorato in pieno il mio suggerimento dandomi la soddisfazione di verificare in maniera tangibile la mia intuizione. Ho appena finito la lettura di questo magnifico romanzo che Vi dico subito non va sorbito tutto d’un fiato, ma centellinato per numerose motivazioni.
In primo luogo la sua bellezza va ricondotta al talento dell’autore che, “avendo visto fiorire molte primavere”, ha dato vita ad una specie di testamento spirituale con il quale ha passato in rassegna l’arco temporale di una vita attraverso la storia tenerissima di due personaggi presi per mano nel periodo goliardico e condotti con garbo fino alla senilità.
In secondo luogo è proprio qui che Colarizi si è giocato le sue carte migliori – e i lettori fedeli lo sanno bene – concentrando la sua maestria nell’indagare nella sfera intima, nell’evoluzione dei sentimenti più profondi, descrivendo con una sorprendente lucidità la metamorfosi delle corde più sensibili degli affetti: quello che in gioventù era ardore e fisicità si trasforma in voglia di tenerezza, di sane letture, di buona musica, di amicizie, di valori, il tutto con pari onorabilità.
I protagonisti, Tullio e Fenisia, intorno ai quali ruota l’intera storia, sono descritti con un garbo e una delicatezza...

L'Editore